I segreti per le serie televisive, fu Verga ad intuirle.
Un convegno dell’università di Enna sulla serialità verghiana. Qual è il meccanismo che muove i fili di una storia di successo, sia essa estesa, dilatata, parcellizzata? È lo stesso che si ritrova nella grande narrazione seriale televisiva: da “L’amica geniale “a “The Young Pope” fino a “Game of Thrones”. Serie coprodotte o trasmesse da HBO che vantano una certa qualità letteraria e cinematografica. L’elemento condiviso sta nella progettualità del testo, che risponde almeno a tre mosse vincenti legate al lessico e alla morfologia narrativa: la fidelizzazione per il protagonista, l’iterazione delle storia e la frammentarietà.
Ruota attorno a questi temi il convegno “Giovanni Verga e l’intuizione della serialità”, organizzato da Gianni Puglisi, rettore dell’università Kore di Enna, in sinergia con Salvatore Ferlita e Alessandro Cutrona. Che si svolgerà martedì 20 dicembre alle ore 10,00, presso l’ateneo ennese. A confrontarsi saranno anche:
- Filippo La Porta
- Filippo Pennacchio
- Rosario Castelli
- Gianfranco Perriera
I segreti per le serie
Il “Ciclo dei vinti” rappresenta davvero un caso esemplare di questa intuizione verghiana: corpus letterario non portato a compimento, che ha inizio con “I Malavoglia” (1881), prosegue con “Mastro don Gesualdo” (1889), l’abbozzo de “La duchessa di Leyra” (1922) e i mai pubblicati “L’onorevole Scipioni” e “L’uomo di lusso”. Si tratta di una epopea composta con una scrittura in qualche modo filmica e anticipatamente multimediale. Affollata da personaggi che sono ormai entrati a far parte del nostro patrimonio mitico. Incentrata, anche, sulla lotta per l’esistenza e il riscatto sociale. Verrebbe da pensare al disegno completo di un’odierna saga televisiva corredata da cinque lunghe stagioni. Ma oggi si può osare di più, provando a sovrapporre le vicende dei “Malavoglia”, che tra l’altro hanno ispirato una serie come “Shameless”, a quelle di “Succession”.
Serie che racconta di tre figli che, ognuno a modo proprio, vogliono cambiare tutto per non mutare nulla. Da qui la necessità di indagare la produzione verghiana da una specola inedita, creando una sorta di cortocircuito tra generi e scritture diverse, mettendo in tal modo a fuoco un autore sospeso tra il già e il non ancora.