Raffaele Bevilacqua, lo storico boss mafioso di Enna, è morto all’ospedale Santi Carlo e Paolo di Milano, dove si trovava da due mesi ricoverato in stato di detenzione. Nato a Barrafranca, Bevilacqua, che avrebbe compiuto 74 anni il prossimo primo luglio, porta con sé molti segreti, dal momento che non ha mai collaborato con i magistrati e non ha mai fatto rivelazioni sugli assetti di Cosa nostra o sui rapporti tra mafia, imprenditoria e politica. Prima del coinvolgimento nelle operazioni antimafia negli anni ’90, era un avvocato penalista molto noto ed esponente della democrazia cristiana. Condannato all’ergastolo come mandante di un delitto del maggio 2004, stava scontando la condanna al 41 bis, ma nel maggio del 2018 aveva ottenuto il permesso di subire un intervento chirurgico a Catania e di rimanere agli arresti domiciliari in un appartamento del capoluogo etneo.
Dal momento del beneficio erano scattate le indagini e la sorveglianza, condotte dai Ros dei carabinieri, che avevano accertato come Raffaele Bevilacqua dai domiciliari continuasse ad incontrare nel suo appartamento, esponenti della mafia di Barrafranca e Pietraperzia di fatto riprendendo la reggenza della cosca.
A luglio del 2020 era scattata l’operazione Ultra coordinata dalla Dda di Caltanissetta, con 46 misure di custodia cautelare tra le quali quella di Bevilacqua che era quindi tornato in carcere in regime di 41 bis. Due mesi fa i suoi difensori, avvocati Gaetano Giunta e Giuseppe D’Acquì, avevano ottenuto dal giudice di sorveglianza di Milano, il trasferimento in regime di detenzione all’ospedale milanese per i gravi problemi di salute del loro cliente che è morto per il sopraggiungere di una grave infezione innescata dalle patologie cardio respiratorie della quali era affetto. Al momento non sono stati resi noti luogo e data del funerale.